È dimostrato che l’India è una delle principali sorgenti di tratta di essere umani, commercio che coinvolge 13 milioni di bambini ogni anno nel mondo. Secondo l’Indice Globale della Schiavitù (Global Slavery Index), ogni anno 35 mila bambini indiani finiscono nella rete dei trafficanti di esseri umani. Sembra che il dato sia sottostimato, in quanto la maggior parte di questi bambini non ha certificato di nascita, quindi legalmente “non esiste”. Una ricerca realizzata dal National Crime Records Bureau (Nerb, agenzia governativa indiana) registra un’impennata del 250% della tratta di essere umani negli ultimi 3 anni. La costante migrazione dal vicino Bangladesh e il Covid ne sono responsabili.

Da Calcutta transitano milioni bambini che vengono rapiti, trasportati, venduti, e immessi forzatamente nel mondo della prostituzione minorile, del lavoro forzato, della schiavitù̀, o venduti per l’espianto di organi. Le adolescenti vengono rinchiuse e sfruttate come “fattrici” per rivendere i bambini al mercato nero.

I bambini in stato di emergenza, segnalati e identificati attraverso la Childline* (una specie di telefono azzurro) e grazie al capillare e intenso lavoro svolto dal nostro personale specializzato, vengono tratti in salvo tempestivamente e condotti nei nostri rifugi sicuri. Per legge maschi e femmine devono risiedere in strutture separate.

Nel 2018 Skychildren ha ristrutturato una palazzina per accogliere queste bambine in difficoltà (Amader Bari), nel 2020 un altro edificio di dimensioni simili per salvare i bambini (Hamara Ghar) e garantire loro un immediato luogo sicuro. 

I nostri rifugi temporanei possono accogliere e proteggere contemporaneamente 50 bambine e 50 bambini arrivando a ospitarne in un anno circa 850 in ogni rifugio, sempre per brevi periodi. Con le nostre 2 case di emergenza salviamo 1700-1800 bambini ogni anno (vi invitiamo a leggere il nostro report). 

Entrambe le palazzine sono state ristrutturate radicalmente, dal rinforzo strutturale degli edifici al rifacimento totale e messa a norma degli impianti idrico ed elettrico, antincendio e di sicurezza. Le palazzine, di 3 piani, accolgono dormitori, cucina e aree di svago, stanza con attrezzature mediche per primo soccorso, stanza per la psicologa. 

Il processo di ricongiungimento** è complesso e si articola in più fasi:

  • Il bambino viene tratto in salvo, accolto nel rifugio, protetto, lavato, nutrito, vestito, gli vengono fornite le primissime cure mediche di emergenza e igieniche e gli viene assegnato un proprio letto e armadietto.
  • gli assistenti cercano di farlo esprimere per ricostruire la sua storia, per fornirgli supporto psicologico al fine di comprendere il suo grado di vulnerabilità e gestire al meglio il trauma subito, per avviarlo verso un percorso di recupero fisico ed emotivo in vista del ricongiungimento familiare. 
  • attraverso una serie di attività, si mira a rafforzare le capacità del bambino, mediante l’istruzione e la formazione sulle competenze trasversali utili alla vita quotidiana: attività ricreative e creative, di gestione dello stress e della rabbia, lezioni di arte, musica, karate, sensibilizzazione sui diritti e la tutela dei bambini. Nelle case vengono effettuati regolari visite mediche.
  • inizia un’impegnativa e costosa attività di ricerca della famiglia di origine da parte dei nostri operatori sociali per riunire alle famiglie i bambini rapiti, scomparsi, nei tempi più brevi possibili per evitare prolungamenti del trauma o addirittura rischi di ri-vittimizzazione, seguendo protocolli prestabiliti dalla legge indiana. Questo passaggio può durare qualche giorno, diverse settimane, o mesi, a seconda dello stato in cui vengono ritrovati i bambini, delle condizioni della famiglia (che può risiedere anche in un altro stato) o dell’eventuale necessità di collocarli in strutture permanenti qualora fossero orfani, abbandonati o la famiglia non fosse rintracciata o fosse ritenuta non idonea a crescere il bambino secondo quanto definito dal CWC (organo di protezione dell’infanzia legato al tribunale dei minori). In alcuni casi, dopo essere stato inserito in una casa di accoglienza a lungo termine, (case famiglia come quella di Keertika, sostenuta da Skychildren) si apre per il bambino la possibilità̀ di affido o di adozione.
  • successivamente al reinserimento famigliare, i nostri operatori aiutano il bambino vulnerabile e i suoi genitori ad accedere ai programmi governativi di supporto delle fasce deboli della popolazione per rafforzare le capacità della famiglia di curarsi di lui e forniscono sessioni di sensibilizzazione e consapevolezza sui diritti dei minori e sulla protezione dell’infanzia
  • la famiglia e il bambino restano, per tutto il tempo necessario (può significare mesi o alle volte anche un anno), sotto la guida e il controllo dei nostri operatori sociali, che tornano con regolarità per accertarsi che il minore non sia nuovamente esposto a pericoli.

Le nostre case rifugio per bambini e bambine in stato di emergenza (Hamara Ghar e Amader Bari) sono state selezionate come Progetto Pilota di riferimento nazionale dal Governo, che ha quindi deciso di contribuire economicamente in minima parte alla gestione del rifugio per le necessità di base (solo cibo e dotazione minima di abbigliamento). 

Anche durante i lock down più rigidi, entrambe le strutture sono rimaste aperte, in quanto definite dal Governo “strategiche e di vitale importanza per i bambini più vulnerabili”.

**Anche secondo la legge indiana (e la Carta dei Diritti dell’Infanzia- 1989) il fine primario è il ricongiungimento famigliare in quanto la famiglia è il luogo più indicato per un bambino per crescere.

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